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  • Immagine del redattoreMassimo Catalucci

SCIOPERARE E' UN DIRITTO DEL LAVORATORE...QUINDI LO ERA ANCHE PER I PORTUALI DI TRIESTE NEL 2021?

Mentre continua la polemica tra i sindacati e il Governo per lo sciopero in programma domani 17 novembre, una riflessione sulla funzione dei sindacati è d'obbligo




- articolo di Massimo Catalucci


(NEWS & COMMUNITY - Look at the World) Roma, 16 novembre 2023 - Il diritto allo sciopero è un diritto previsto dalla Costituzione italiana (art. 40) e che si esercita nell'ambito delle Leggi che lo regolano (503 ss. c.p.).


Lo sciopero, quindi, è un'astensione collettiva dal posto di lavoro da parte dei lavoratori subordinati che in generale sono guidati a tale protesta dai sindacati. Lo scopo è quello di sollecitare il datore di lavoro, chiamando in causa anche le forze politiche di governo, per un miglioramento dello stato retributivo, dell'orario e delle condizioni di lavoro. Può anche essere esteso ad altre situazioni che coinvolgono il lavoratore, quali il licenziamento in prima persona o per sostenere le cause di terze persone della classe dei lavoratori (sciopero di solidarietà).


E' una forma di protesta e manifestazione che costituisce il diritto di libertà e come tale il suo esercizio non può essere limitato e non può comportare nessuna sanzione per il lavoratore che ha scioperato.


Quello che però intendiamo affrontare in queste poche righe e per cui intendiamo invitare ad una riflessione il lettore, non è tanto l'imminente sciopero previsto per domani dai sindacati dei lavoratori, né la polemica che si è innalzata tra le organizzazioni sindacali e il Governo, nello specifico con Matteo Salvini che ne voleva ostacolare l'esecuzione, piuttosto, sulla reale attuazione di un diritto da parte di tutti i lavoratori e appoggio incondizionato dei sindacati.


Spieghiamoci meglio.


Tutti ricorderanno le scene che imperversavano nei TG e nei Social Web diffuse nell'ottobre del 2021, quando eravamo in pieno periodo pandemico da Covid-19.


Immagini che ritraevano i portuali di Trieste, protestare pacificamente davanti l'ingresso del porto della cittadina medesima, in ragione della negazione del diritto di libertà, che in quel caso era quello di voler scegliere di non farsi vaccinare e per cui, tale scelta, non avrebbe dovuto, come invece è avvenuto, portare alla sospensione dal lavoro i lavoratori che si ribellarono al fatto che per lavorare si doveva essere vaccinati ed avere il green pass.


In quei giorni, prese sempre più consistenza il nome d uno dei portuali, Stefano Puzzer che non si è mai piegato, come tanti altri, al sopruso esercitato dall'autorità per imporre la propria volontà a danno e offesa dei diritti altrui.


Per onor di cronaca, il giudice Paolo Ancora del tribunale del lavoro di Trieste ha respinto il ricorso di Stefano Puzzer, contro il licenziamento da parte dell'Agenzia Lavoro Portuale di Trieste scattato il 16 aprile 2022. Oltre il danno anche la beffa per Puzzer: il giudice Ancora ha condannato Puzzer al pagamento delle spese processuali, per una somma che supera i 2.000 euro. Al suo fianco, dopo il licenziamento, si erano schierati Portuali di Trieste.


A questo punto la domanda viene spontanea, dov'erano i sindacati all'epoca dei fatti quando i portuali protestarono per un loro diritto e dove erano dopo il licenziamento di Puzzer?


Credo che la polemica tra governo e sindacati di questi giorni stia facendo emergere ancora di più i due pesi e le due misure adottate dai sindacati in ragione della difesa dei diritti dei lavoratori. Tale organizzazione sindacale, come si legge nel - Rapporto del governo Italiano sull'applicazione della convenzione 87/1948 sulla libertà sindacale e protezione del diritto sindacale (anno 2000) - in uno dei capoversi si legge: "Il sindacato, infatti, nasce come associazione volontaria di lavoratori o di datori di lavoro che ad essa aderiscono allo scopo di ottenere la migliore realizzazione possibile dei rispettivi interessi collettivi o professionali" .


L'organizzazione sindacale dovrebbe sempre e comunque, porsi come "strumento" di mediazione tra le scelte del governo, quelle del datore di lavoro e i lavoratori, senza distinzione alcuna, proprio come recita l'art. 40 della costituzione.


A questo punto però, riformuliamo la domanda: dov'erano i sindacati quando in periodo di pandemia da Covid-19, molti lavoratori furono sospesi dal posto di lavoro e licenziati?



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