ARDEA - CONSIGLIO COMUNALE STRAORDINARIO SULLA SICUREZZA. IL SINDACO CREMONINI RICHIAMA TUTTI ALL’UNITA’ DI INTENTI
- Massimo Catalucci
- 55 minuti fa
- Tempo di lettura: 6 min

Una strategia possibile: prevenzione, comunità, giustizia - La battaglia per la sicurezza ad Ardea coinvolge tutti: Amministratori locali, cittadini, associazioni, commercianti

articolo di Massimo Catalucci
ARDEA - Martedì, 15 luglio 2025 - (NEWS & COMMUNITY - Look at the World - www.massimocatalucci.it) - Si è tenuto oggi pomeriggio ad Ardea, nell’Aula Sandro Pertini, un Consiglio Comunale Straordinario convocato per discutere un punto unico, ma cruciale: “Le preoccupanti condizioni di sicurezza nel territorio, scenario di episodi di grave criminalità: cosa fare, a chi spetta intervenire e come farlo”.
Un titolo che suona come una resa più che come una premessa d’azione. Eppure, dentro quella sala, in mezzo a interventi di consiglieri di maggioranza e opposizione – a tratti divergenti, ma tutti consapevoli della gravità della situazione – è emerso il ritratto di una città ferita, cronicamente, trascurata e orfana di uno Stato che sembra ricordarsi di Ardea solo a margine delle cronache giudiziarie o delle passerelle politiche.
Quando la sicurezza diventa una parola vuota
La sicurezza non è un concetto astratto: è un diritto costituzionale. Ma ad Ardea – e non solo – sta diventando un’illusione. Non si tratta solo di microcriminalità diffusa, furti, atti vandalici, ma di un degrado strutturale che ha permesso a vere e proprie famiglie criminali di radicarsi sul territorio. Alcune zone della città risultano di fatto inaccessibili, controllate in modo informale – ma efficacissimo – da chi ha fatto della violenza un codice di appartenenza.
Non è un’allucinazione collettiva: è un’emergenza che ha preso forma lentamente, giorno dopo giorno, silenziosamente. La città non è più vissuta come spazio comune ma attraversata con sospetto, con timore, a volte con rassegnazione.
Criminalità e sviluppo: un’equazione impossibile
Tra i tanti dati emersi durante il consiglio, uno spicca più degli altri: il tema della sicurezza è il principale freno allo sviluppo del territorio. Chi investirebbe in un quartiere dove lo Stato non si vede mai? Quale imprenditore aprirebbe un’attività in una zona dove, dopo una certa ora, regna l’autogestione criminale? Quale famiglia sceglierebbe di vivere lì se ha alternative?
Lo sviluppo non è solo questione economica. È anche percezione, fiducia, qualità della vita. Senza sicurezza, Ardea resta bloccata, inchiodata a un passato che si ripete: promesse disattese, visite istituzionali lampo, proclami che non si traducono mai in azioni.
E nel frattempo, interi quartieri sprofondano.
Il gioco delle responsabilità: tutti colpevoli, nessuno responsabile
Una domanda ha attraversato con forza il dibattito in Aula: “A chi spetta intervenire?”. Apparentemente semplice, in realtà questa è la questione politica più profonda e trasversale che tocca la vicenda Ardea.
Il Comune denuncia la carenza di mezzi, di uomini, di risorse. Lo Stato – per bocca dei suoi esponenti locali e nazionali – assicura attenzione e supporto, ma poi ciò che serve praticamente non viene mai realizzato. Ad Ardea non servono “slogan”, serve concretezza.
Intano, il tempo passa e la criminalità si organizza
Tra le voci cittadine sentite in Aula, quella di Rossano Recchia, ha ricordato senza giri di parole che “Ministri, Senatori, Deputati, Assessori Regionali sono venuti qui più volte, ma ad oggi non è cambiato nulla”.
E ha ragione. I politici passano, la città resta. Ma resta sola e la criminalità si prende i territori e si organizza.
Partecipazione civica: l’altra grande assente
Se da un lato è facile – e spesso giusto – puntare il dito contro le istituzioni, va detto anche che la cittadinanza, quando si parla di sicurezza o di altre tematiche importanti, è spesso latitante.
L’Aula Pertini oggi avrebbe dovuto essere stracolma di cittadini, ma invece...
Ci indigniamo sui social, condividiamo video di aggressioni o lamentele notturne, ma quando si tratta di esserci davvero, di metterci la faccia, siamo troppo spesso assenti.
Questo è il cortocircuito della democrazia contemporanea: pretendiamo protezione, ma non partecipiamo alla costruzione di quella protezione.
Delegare tutto allo Stato, senza esercitare il nostro ruolo attivo di comunità, è parte del problema – questo in sintesi l’intervento del Sindaco di Ardea, Maurizio Cremonini, a chiusura dei lavori in aula di oggi, che ha voluto evidenziare come l’unione fa la forza. “Quelle volte che sono stato ospite in alcune trasmissioni giornalistiche di mediaset – ha commentato Cremonini - con una delegazione di cittadini al seguito, per denunciare pubblicamente lo stato dei luoghi di Ardea e una sicurezza sempre più precaria data da diversi fattori, facendo vedere attraverso sequenze filmate come alcune aree siano in mano a famiglie che vivono al di fuori di ogni regola civica e delle leggi, sono stato contattato dall’alto. Segno evidente questo che - ha continuato il Sindaco - se la cittadinanza è unita e appoggia l’amministrazione locale, abbiamo più possibilità di essere ascoltati del Governo centrale per portare sul nostro territorio quei servizi per la sicurezza che mancano. Ma non dobbiamo abbassare la guardia e dobbiamo essere tutti uniti".
Il modello sbagliato: pensare alla sicurezza solo come polizia
Quando si parla di sicurezza, il primo riflesso è sempre lo stesso: “Servono più pattuglie, più telecamere, più agenti”.
E in parte è vero: senza presidio, senza occhi e piedi sul territorio, nessun piano per la sicurezza funziona.
Ma questa è solo una parte della storia.
La sicurezza urbana si costruisce anche attraverso servizi sociali efficienti, scuole che funzionano, spazi pubblici illuminati e vissuti, trasporti dignitosi. In una città viva, la criminalità fatica a prosperare. In una città morta, la criminalità prende il posto della vita.
Pensare che bastino divise per risolvere il problema della sicurezza è un’illusione pericolosa, una semplificazione utile solo alla propaganda.
Una strategia possibile: prevenzione, comunità, giustizia
Perché la sicurezza ad Ardea – e in molte altre città italiane – non è un fatto tecnico, ma profondamente politico.
Serve una strategia integrata che veda il Comune come promotore ma coinvolga ogni livello istituzionale. Una strategia che preveda:
Un potenziamento reale delle forze dell’ordine in termini di organico e mezzi
Una mappatura dei quartieri più a rischio, con interventi mirati anche di tipo sociale
La valorizzazione delle reti civiche e associative del terzo settore già presenti sul territorio
L’educazione alla legalità nelle scuole, non come evento episodico, ma come percorso curricolare
La rigenerazione degli spazi urbani abbandonati, oggi spesso rifugio per attività illecite
E soprattutto: serve visione politica. Non bastano ordinanze o proclami. Servono obiettivi chiari, monitoraggio, responsabilità.
Chi ha paura della normalità?
Ardea non ha bisogno di eroi. Ha bisogno di normalità.
Di quartieri dove i bambini possano giocare in strada senza paura. Di autobus che passano in orario. Di parchi puliti e illuminati. Di commercianti che non debbano pagare il prezzo di rapine, furti e danneggiamenti alle proprie attività. Di famiglie che possano vivere senza sentirsi sotto assedio.
Questo è il vero volto della sicurezza.
E se oggi sembra un sogno, è solo perché abbiamo smesso di pretenderla come diritto, abbiamo smesso o forse non abbiamo mai iniziato, di sentirci parte integrante di un progetto di sviluppo a cui possiamo dare forza con la nostra presenza e denuncia.
La politica che serve (e quella che non serve più)
Il Consiglio Comunale straordinario di oggi è stato un momento importante, ma non può restare un evento isolato.
Se la politica si limita ad ascoltare, a compiangere, a indignarsi, non cambia nulla. La politica deve scegliere. Deve osare. Deve investire.
E deve farlo subito, prima che il degrado si faccia sistema, prima che la sfiducia diventi rottura definitiva tra cittadini e istituzioni.
Quello che è in gioco ad Ardea – e in tante altre città italiane – non è solo la sicurezza: è la credibilità dello Stato.
La battaglia per Ardea riguarda tutta la comunità
Quello che accade oggi ad Ardea, ma anche in altre località d'Italia, è l'evidenza di cosa succede quando lo Stato lascia soli i suoi territori. Di cosa significa vivere in una città dove la legalità è un’eccezione e non la regola. Ma anche – forse – di cosa può accadere quando una comunità decide di dire basta.
Serve una mobilitazione collettiva. Serve che ognuno, dal consigliere comunale al cittadino qualunque, alle associazioni, ai commercianti, decida di fare la sua parte. Serve che la sicurezza torni a essere una realtà, non uno slogan elettorale.
Perché senza sicurezza non c’è libertà. E senza libertà, non c’è democrazia.
Comments