GOVERNO MELONI - RIFORMA DELLA GIUSTIZIA - SULLE ORME DI GIOVANNI FALCONE
- Massimo Catalucci
- 5 giorni fa
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L’eredità di Giovanni Falcone è un punto di riferimento imprescindibile, un invito a riflettere e a migliorare un sistema “indistinguibile” nelle sue componenti e incapace di garantire la vera indipendenza della magistratura

articolo di Massimo Catalucci
ROMA - Sabato, 26 luglio 2025 - (NEWS & COMMUNITY - Look at the World - www.massimocatalucci.it) - Era il 3 ottobre 1991, quando Giovanni Falcone rilasciò un'intervista a Mario Pirani per "Repubblica", dove si affrontarono temi di fondamentale importanza per la giustizia italiana, come la riforma Vassalli e l'introduzione di un nuovo codice di procedura penale.
Le parole del grande Magistrato, sono rimaste indelebili nel tempo e sono oggi oggetto di riflessione, soprattutto alla luce di quanto sta accendendosi nel dibattito politico e giuridico attuale.
Falcone parlò di un sistema accusatorio che, secondo lui, avrebbe dovuto essere basato su una netta distinzione tra le figure del pubblico ministero (Pm) e del giudice. Un principio che, all'epoca, sembrava un'utopia ma che oggi risuona più che mai, in un contesto dove anche il ministro Carlo Nordio, a distanza di più di trent'anni, si trova ad affrontare accuse simili a quelle che Falcone subiva.
Il sistema accusatorio e la separazione delle carriere
Falcone, con il consueto rigore che lo contraddistingueva, spiegò come un sistema accusatorio debba fondarsi su un pubblico ministero che non solo raccoglie e coordina le prove, ma che deve possedere competenze, esperienze e una preparazione tecnica che vanno ben oltre la semplice funzione di accusa. Il suo compito non si esaurisce nel formulare l’imputazione, ma deve rispondere a un obiettivo preciso: perseguire la verità attraverso la ricerca di prove nel dibattimento.
In questa visione, il PM rappresenta una parte in causa, ed è quindi fondamentale che non abbia alcun tipo di "parentela" con il giudice, figura che deve restare neutrale e al di sopra delle parti. Ma qui emergeva una contraddizione profonda del sistema giuridico italiano dell'epoca: il fatto che la formazione e le carriere di giudici e pubblici ministeri fossero unificate, con destinazioni e ruoli intercambiabili, rendeva difficile mantenere una separazione netta tra i due ruoli.
Falcone, con lucidità, sottolineò come questa unificazione avesse finito per “indistinguere” le figure del giudice e del pubblico ministero, minando così il "principio di indipendenza e imparzialità" del sistema giudiziario. "Chi, come me, sostiene la necessità di una differenziazione strutturale nelle competenze e nelle carriere di PM e GIP, viene accusato di voler sottomettere il PM al controllo dell’Esecutivo" - affermò all'epoca il grande ed eroico Magistrato. Un'accusa che oggi appare tanto più rilevante alla luce delle polemiche politiche in corso riguardo alla separazione delle carriere e che si rinnova nei confronti del Ministro Nordio, da parte dei partiti di opposizione che, non si può escludere, vorrebbero mantenere lo stato di cose attuali, per evidenti vantaggi di parte e per abbattere gli avversari politici (la storia di Berlusconi dalla sua scesa in campo politico, insegna...).
L'accusa di "nemico dell'indipendenza del magistrato"
Falcone si trovò spesso accusato, per la posizione da lui intrapresa, di essere un "nemico dell'indipendenza del magistrato" e di essere nostalgico della "discrezionalità dell'azione penale", con il timore di voler ristabilire un controllo maggiore dell'Esecutivo sulla magistratura.
Tutt'altro, era il tentativo di accuse accuse pretestuose di chi non ama la trasparenza, l'ordine, la neutralità della Magistratura, chi non ama l'onestà e lo sviluppo della propria Nazione.
Questa pratica esercitata a suo tempo nei confronti di Giovanni Falcone ed oggi di Carlo Nordio, miravano e mirano tutt'oggi a screditare uomini che dedicano la propria vita alla lotta contro la criminalità organizzata e che si sono battuti e si battono per un sistema giuridico più giusto ed efficace e per garantire alla nostra Patria, credibilità in un contesto democratico, ma forte di un Governo fermo nelle proprie scelte, che mira ad evitare che la Magistratura stessa possa essere "tirata per la giacchetta" dalla politica e usata a proprio piacimento.
Ed oggi, quell'ala politica del nostro paese che per decenni ha caldeggiato l'unione delle carriere nella Magistratura, muove le stesse accuse nei confronti del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Le critiche che hanno travolto il Ministro del Governo Meloni, accusato di voler limitare l'indipendenza della magistratura e di piegarla agli interessi politici, rispecchiano le stesse accuse che Falcone aveva dovuto affrontare. Questi parallelismi dimostrano quanto poco sia cambiato nel tempo il dibattito sulla struttura della giustizia in Italia, ma al contempo, dimostrano come la visione di Giovanni Falcone sia ancora viva in chi, come lui, ama la giustizia, quella basata sulla trasparenza e che esclude la possibilità del Magistrato di avere conflitti di interesse in sede giudiziale.
Un’eredità che non si può ignorare
L’intervista del 1991 non è soltanto una testimonianza della lucidità e della visione del Magistrato siciliano, ma anche un monito su come il sistema giuridico italiano continui a essere in continua evoluzione, con alcune contraddizioni che sembrano ripetersi nel tempo. Se da un lato si è tentato di migliorare il sistema giudiziario, dall'altro si continua a dibattere sulla separazione delle carriere e sull'indipendenza della magistratura.
Le parole di Giovanni Falcone rimangono, quindi, oggi più che mai rilevanti. La sua visione di un sistema accusatorio che rispetti la separazione delle carriere e l'indipendenza delle funzioni, senza confondere i ruoli di giudice e pubblico ministero, resta una proposta fondamentale per il rinnovamento della giustizia in Italia. Un obiettivo che, purtroppo, continua a scontrarsi con resistenze politiche e professionali che sembrano non voler abbandonare il vecchio sistema, ben lontano dalla separazione delle carriere proposta da Falcone.
In un’Italia che sta ancora cercando di dare risposte efficaci alla questione della giustizia, l’eredità di Giovanni Falcone è un punto di riferimento imprescindibile, un invito a riflettere e a migliorare un sistema che, come lui stesso diceva, è troppo spesso “indistinguibile” nelle sue componenti e, per questo, incapace di garantire la vera indipendenza della magistratura.
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