top of page

LA QUALITA’ DELLA POLITICA  E’ L'ESPRESSIONE DI UNA RESPONSABILITA’ CONDIVISA TRA I CITTADINI E I LORO RAPPRESENTANTI

  • Immagine del redattore: Massimo Catalucci
    Massimo Catalucci
  • 1 ora fa
  • Tempo di lettura: 5 min
ree

I seggi elettorali sono sempre più semivuoti. Dove cercare la causa di questo fenomeno socio-politico?


ree
  • articolo di Massimo Catalucci


ROMA - Venerdì, 5 dicembre 2025 - (NEWS & COMMUNITY - Look at the World - www.massimocataucci.it) - Immaginiamo di trovarci in una scuola, quella magari che abbiamo frequentato quando eravamo fanciulli, con l’intonaco scrostato e il cortile che profuma ancora di ricreazione ed ecco che, quegli spazi, come accade da decenni, si trasformano in seggi elettorali, dove i cittadini aventi diritto, possono accedere per esprimere il proprio voto.


Gli addetti a gestire le urne, dispongono matite, registri, schede colorate. Tutto è pronto. Ma qualcosa ci balza subito agli occhi, qualcosa che si sta ripetendo un po' troppo spesso negli ultimi tempi: il corridoio rimane troppo silenzioso. I passi degli elettori arrivano rari, intermittenti, come un rubinetto difettoso che concede solo poche gocce.


E la stessa scena si ripete in tante scuole, palestre e municipi del Paese: l’astensione diventa un fenomeno non più irrilevante, ma determinante e cronaca ordinaria.


I seggi semivuoti - Cronaca di una distanza che cresce: Perché la gente sta rinunciando ad andare a votare?


Molti cittadini lo dicono senza più timidezza: “Non ci credo più.


Non credono più alle promesse, non credono più alle facce che cambiano, non credono più a chi hanno dato il voto e poi, dopo eletti, nel corso della legislatura, cambiano casacca di partito a loro piacimento, non credono più a un sistema che appare distante, autoreferenziale, incapace di produrre soluzioni tangibili ai problemi quotidiani. Diffidano dei politici, ma spesso prima ancora diffidano della politica stessa.


Gli studiosi del comportamento elettorale registrano da anni un calo della fiducia dei cittadini nelle istituzioni, un senso di impotenza, percepiscono una scarsa competenza della classe politica, in campagne elettorali ridotte sempre più a soli slogan, scandali e clientelismi raccontati dai media. È una macchia che si allarga progressivamente sul tessuto democratico del Paese.


Come era la politica e come è diventata


Negli anni settanta la politica aveva un altro odore: quello delle sezioni di partito affollate, dei dibattiti interminabili nelle case del popolo, dei volantini ciclostilati, delle piazze che erano fucine di idee. Era conflittuale, certo, a volte anche pericoloso, per cui non possiamo dimenticare i terribili anni di piombo, ma la politica viveva di contenuti. Le ideologie – nel bene e nel male – fornivano un orizzonte, una grammatica per leggere il mondo. La partecipazione era più alta, non soltanto alle urne, ma nella vita quotidiana.


Con il passare dei decenni la politica si è trasformata in peggio: è diventata televisiva, poi digitale, infine “social”. La velocità ha sostituito la profondità. La retorica si è fatta brillante, accattivante, ipnotica, spesso manipolatoria. Il dibattito si è spostato dalla discussione dei contenuti alla gestione delle percezioni. La logica dei like ha soppiantato quella della rappresentanza.


È stato l’inizio della fine della politica, che dovrebbe essere concepita, intesa come spazio di confronto reale sui temi importanti della nostra società.


E in questo vortice caotico che ci risucchia sul fondo melmoso di una politica lontana da quelle che erano le sue origini, pensata da Aristotele in poi, per occuparsi dell'organizzazione di un comunità, rendendo quest'ultima sempre più funzionale ai cittadini, questi ultimi via, via, hanno iniziato a percepire un divario crescente: chi governa sembra vivere altrove, in altre stanze, con altri problemi.


Non sempre è vero, ma spesso appare così. E nella politica, come nella vita, ciò che appare pesa quanto ciò che è.


Una responsabilità condivisa


Raccontando questa deriva ci si dimentica spesso un dettaglio cruciale: la qualità della politica non dipende solo da chi è eletto, ma soprattutto da chi elegge.


Il politico ha il dovere di rispettare il mandato ricevuto dagli elettori; ma gli elettori hanno il dovere di scegliere con consapevolezza chi debba rappresentarli. La democrazia è una strada a doppio senso: non si può chiedere rigore, serietà e competenza se nelle urne prevale la seduzione di una promessa facile, di una scorciatoia, di un favore personale.


E sì, è vero: capita anche di sbagliare valutazione, in merito ad un nome, ad un cartello politico. Capita di lasciarsi incantare dai discorsi magnetici di qualche leader. Capita di credere a chi sa parlare bene, ma agire in contrasto, in opposizione con ciò che afferma. Capita anche di accettare piccoli scambi, favori, promesse, come se la politica fosse un mercato e non una responsabilità collettiva.


Questi fatti non sono invenzioni, ma episodi documentati, riportati negli anni da inchieste e cronache, parte di un modo di fare politica che ha indebolito la fiducia dei cittadini e il senso civico delle comunità.

 

La politica come dovrebbe essere


Eppure, l’essenza originaria della politica, come appena accennato, era un’altra: era la scienza e l’arte di governare la vita pubblica, l’organizzazione e l’amministrazione della comunità, la cura del bene comune. La politica agli albori della sua esistenza, era nata come luogo di partecipazione e confronto, come spazio in cui il cittadino e l’eletto dialogano, litigano, costruiscono. Era – e dovrebbe ancora essere – il centro della vita civica, sociale e democratica.


Quando si disertano le urne, però, questo patto primordiale si interrompe. La democrazia si assottiglia, il dibattito si impoverisce, la rappresentanza diventa fragile. E la qualità della politica inevitabilmente peggiora.

 

La trasformazione culturale della politica non potrà mai venire dall'alto


Sperare che venga attuato un cambiamento culturale dalle stanze del potere, dall'alto di chi già siede sugli scranni del governo grazie al voto dei cittadini, è plausibile pensare che è ingenuo, anche solo immaginarlo. Chi occupa posizioni privilegiate, difficilmente, ha interesse a rivoluzionare un sistema che gli garantisce stabilità, visibilità, agio, personali.


Il cambiamento autentico, storico, solido, volto alla trasformazione culturale del pensare e fare politica, nasce sempre dal basso, dai cittadini che:


  • decidono di informarsi meglio;

  • pretendono trasparenza e serietà;

  • tornano a discutere, a partecipare, a vigilare;

  • votano non per simpatia o convenienza, ma per visione.


Se questo non avverrà, se il disinteresse continuerà a crescere, se gli elettori continueranno a disertare le urne, allora sarà difficile immaginare una politica più competente, più onesta, più efficace. Perché nessuna classe dirigente può migliorare quando l’elettorato che la genera si ritira nell’indifferenza, abbandona le armi che la democrazia gli mette a disposizione: un foglio di carta prestampato ed una matita per fare una croce e scrivere un nominativo.


La trasformazione nel pensare e fare politica è nelle mani dei cittadini


Forse è arrivato il momento in cui ogni cittadino dovrebbe assumersi la propria parte di responsabilità. L'inizio del cambiamento per la trasformazione di una società, non sono un dono, sono un impegno sociale e un duro lavoro. Ciò non viene calato dall'alto, si costruisce dal basso e passo dopo passo, si arriva a trasformare il modo di pensare e di fare politica.


E la trasformazione della società – nella qualità del dialogo pubblico, della politica e dei suoi rappresentanti – dipende da chi vota. L’altra parte è costituita da chi viene eletto, e che, vale la pena ricordarlo, non è altro che un dipendente pagato dal popolo.


Alle prossime elezioni, le scuole riapriranno i loro battenti per accogliere gli elettori che decideranno di recarsi in questi luoghi per votare i propri rappresentanti.


La democrazia aspetta. La porta è aperta fin d’ora. La matita è temperata e pronta, la scheda anche. Toccherà a noi cittadini decidere se entrare o restare fuori da quella porta per dare inizio ad un possibile cambiamento culturale e popolare, volto alla trasformazione in meglio della società in cui viviamo.

Commenti

Valutazione 0 stelle su 5.
Non ci sono ancora valutazioni

Aggiungi una valutazione
bottom of page